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Radiografia di un corso in continua evoluzione

Radiografia di un corso in continua evoluzione

Intervista ad Alberto Gulli

Primo corso sul management culturale nato in Italia, il CRPC nel 2015 ha compiuto venti anni. Un periodo lungo, che va dagli anni 90 ad oggi, palcoscenico di grandi cambiamenti per la figura dell’operatore culturale. 

Ma come è cambiato il corso in questi ultimi venti anni? E quali sono le competenze di cui un progettista oggi non può fare a meno?

Ne parliamo con Alberto Gulli, coordinatore dell’Area Formazione di Fondazione Fitzcarraldo e organizzatore del CRPC sin dagli esordi, in un’intervista che racconta come è evoluto il corso in relazione al contesto culturale.

Quali dovrebbero essere le competenze e capacità di un buon progettista culturale oggi?

E’ sempre molto importante la capacità di elaborare strategie partendo dalla definizione degli obiettivi, ma questa deve essere integrata in una visione di insieme che tiene conto delle istanze provenienti dalle comunità e dai territori di riferimento.
Capacità di lettura dei contesti e di ascolto dei bisogni emergenti dei nuovi pubblici, sono altrettanto determinanti cosi come la capacità di dialogare con stakeholder e l’attitudine a sviluppare il proprio capitale relazionale.
Condividendo una tendenza generalizzata sempre maggior rilevanza hanno le cosiddette soft skills, leadership, problem solving, comunicazione interpersonale, atteggiamento collaborativo e gestione dei tempi.  
Detto questo una forte passione, curiosità e una discreta attitudine imprenditoriale restano ingredienti base.

Come è cambiata la figura del progettista culturale negli anni?

Competenze gestionali legate a project management, marketing, fund raising e budgeting, se non tenute insieme da vision e mission chiare e condivise con collaboratori e stakeholder, rischiano di rimanere strumenti poco utili. Sempre più importante è la capacità di produrre innovazione sociale e di dare risposte puntuali ai propri target di riferimento. Il manager culturale si pone al centro di un sistema complesso di relazioni e deve essere in grado di affrontare e risolvere problemi complessi dialogando sia con i responsabili delle diverse funzioni all’interno dell’organizzazione, sia con l’ecosistema esterno, pubblici e stakeholder in particolare, assumendosi al tempo stesso la responsabilità di garantire la sostenibilità economica.

Quali sono i punti di forza del Corso di Perfezionamento per Responsabile di Progetti Culturali e cosa lo contraddistingue rispetto all’offerta formativa presente in Italia?

Sicuramente un forte elemento distintivo del corso è la convinzione che il manager culturale sia un vero e proprio profilo professionale, che si pone come attivatore di energie sui territori e elemento determinante per introdurre cambiamenti nel modo di lavorare delle organizzazioni culturali.
La capacità di adattamento ai diversi contesti di riferimento e ai relativi cambiamenti pur mantenendo una filosofia e un approccio/metodo di fondo è un’altra caratteristica fondamentale.
Estremamente rilevante è la possibilità di entrare a far parte del network di Fondazione Fitzcarraldo sviluppato in 30 anni di attività a livello internazionale e nazionale. Le attività di ricerca, consulenza, accompagnamento allo sviluppo strategico delle organizzazioni e i progetti internazionali sviluppati negli anni da Fitzcarraldo costituiscono un unicum che produce un costante aggiornamento di competenze, casi di best-practices, capitale sociale, ecc. e tutto ciò viene condiviso con chi entra a far parte del nostro network attraverso la formazione, gli incontri e i convegni, creando di fatto una vera e propria comunità di pratiche.

Come è cambiato nel corso di questi venti anni il CRPC e come si è relazionato con i cambiamenti del contesto culturale?

Dal punto di vista dell’offerta il CRPC è andato alla ricerca di nuove forme di partecipazione introducendo i Focus Formazione e Progetto e nuove modalità didattiche, cercando di assecondare le esigenze dei singoli operatori culturali e, grazie al Focus Accompagnamento, attraverso un percorso di formazione e azione, offrendo alle organizzazioni la possibilità di aumentare le competenze e migliorare la capacità produttiva di un intero gruppo di lavoro.  
Sul versante didattico abbiamo recepito l’esigenza di rafforzare la dimensione imprenditoriale dell’agire in ambito culturale e la necessità di introdurre strumenti per incrementare il dialogo con stakeholder e pubblici all’interno del contesto sociale e territoriale di riferimento. In particolare abbiamo concentrato la nostra attenzione su quegli ambiti fondamentali per sviluppare nuove relazioni e modalità di fruizione con i pubblici favorendo al tempo stesso l’accesso dei NON  pubblici alla cultura. Ne sono testimonianza gli approfondimenti legati al social media marketing, l’audience development e le strategie di community fund-raising e crowdfunding, approcci determinanti per la costruzione di relazioni costanti e virtuose con le comunità di riferimento.

Cosa può aspettarsi un’organizzazione culturale da questo corso?

Le organizzazioni vengono accompagnate in un percorso che alterna formazione, pratica progettuale ed esercizi di self-assessment, per aumentare la consapevolezza della propria identità e del posizionamento rispetto ad un contesto in costante mutazione in termini di attori coinvolti, nuovi pubblici, bisogni e aspettative di cambiamento e inclusione sociale e nuove forme di produzione artistica, con l’obiettivo di individuare il proprio equilibrio economico.
Il CRPC può senz’altro aiutare le organizzazioni a definire il proprio modello di business e il sistema di offerta, a partire dall’analisi del sistema di valori e del capitale relazionale, dall’individuazione degli obiettivi strategici, dei target e dei relativi bisogni e aspettative.